San Salvatore in Barzanò
Barzano’ (lc)
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INTRO
La chiesa di San Salvatore, per le sue caratteristiche architettoniche, la cupola affrescata, la presenza di un fonte battesimale e di una cripta, è uno dei monumenti più importanti e caratteristici del periodo romanicoalto medievale non solo della Brianza ma dell’intera Lombardia.
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Le origini
La chiesa di San Salvatore, per le sue caratteristiche architettoniche, la cupola affrescata, la presenza di un fonte battesimale e di una cripta, è uno dei monumenti più importanti e caratteristici del periodo romanico alto medievale non solo della Brianza ma dell’intera Lombardia.
Essa sorge su un declivio che domina l’abitato di Barzanò.
La presenza all’interno di due are romane risalenti al IV secolo d. C. e dedicate a Giove Summano ha portato diversi storici a ritenere che la Chiesa di San Salvatore sia stata costruita su un preesistente tempio pagano; studi recenti, legati alle operazioni di ristrutturazione e restauro della chiesa e completati nel 2010, hanno però escluso questa ipotesi.
In base ai recenti studi che stanno alla base del restauro è possibile individuare diversi stadi di evoluzione dell’edificio.
Originariamente essa era una semplice cappella privata dove un sacerdote celebrava i sacramenti ed officiava i sacri riti per il signore del castello e i suoi dipendenti.
La scoperta di numerose tombe all’interno della chiesa ne ha evidenziato la funzione funeraria.
Che in Barzanò ci fosse un castello lo dimostra il torrione presente nella villa Nava, Tarsis, Della Porta, ora Vitaloni.
L’importanza della posizione strategica di Barzanò è dimostrata dal documento redatto a Meresburg il 4 ottobre 1015, con il quale l’imperatore Enrico II di Germania dona al vescovo di Como Alberico la Villa Barzanorum, con tutte le sue pertinenze, sottraendola a Ugo conte e Berengario prete, figli di Sigerico.
[Questi erano i feudatari, potenti proprietari dell’intero territorio brianteo; si erano opposti all’imperatore tedesco alleandosi con il conte Arduino d’Ivrea nella lotta per la nomina di Re d’Italia.
Nel 1904 durante i lavori di costruzione della nuova stazione per il prolungamento della tramvia Monza – Barzanò verso Oggiono viene trovata una tomba celtica ad inumazione risalente al 590 a.C., con monili tipici di una famiglia nobile.
Nel 1956, presso l’attuale consorzio agrario lungo la strada provinciale, viene recuperata una tomba romana risalente al quarto secolo d.C.]
Attorno all’anno 1100, con lo sviluppo della riforma patarina, accanto alla chiesa sorge una comunità di sacerdoti, la “Canonica”, che gestiranno le funzioni religiose fino alla sua chiusura (voluta dal cardinale Federico Borromeo nel 1610) e il passaggio di queste alla chiesa parrocchiale di San Vito.
Inizia in questo modo il lento declino della chiesa di San Salvatore, che sarà dichiarata monumento di interesse nazionale nel 1912, come risulta dal Liber Cronicus della parrocchia di Barzanò.
Il castello di Barzanò, secondo quanto riportato da Galvano Fiamma nella sua opera Manipulus florum, venne distrutto dal podestà di Milano Ardigotto Marcellino nel 1222, assieme a quelli di Carugo, Giussano, Pirovano, Verano e Mariano.
ARCHITETTURA
L’edificio si sviluppa in varie fasi costruttive che si concludono attorno al 1231, come si evince dall’iscrizione scolpita sul portale, “Chi fece questa opera è chiamato Serin Pietro”.
Quello che colpisce è l’eleganza del portale con le colonne in serizzo e l’arco in marmo, in contrasto con la semplicità della facciata.
La struttura originaria, sorta nel secolo IX, si articolava in un’aula quasi quadrata, corrispondente all’attuale campata mediana, su cui si innesta un più basso e stretto presbiterio parimenti quadrangolare secondo una tipologia che la critica tedesca sintetizza efficacemente in “chiesa a sala con coro ad angoli retti”.
Ad essa, attorno all’anno Mille viene aggiunta la torre campanaria.
Con il passaggio al vescovo di Como della Villa Barzanorum (1015) si modifica la funzione della chiesa, che da cappella privata diventa chiesa aperta a tutta la popolazione. Si rendono necessari cambiamenti strutturali: si amplia la chiesa con una nuova campata a ovest, viene alzato il presbiterio con l’altare, si modifica l’ingresso alla cripta, ma soprattutto viene inserita la cupola.
Un’ulteriore modifica alla struttura architettonica avvenne su espressa indicazione di San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale nel 1583, quando, riscontrando la poca luminosità all’interno della chiesa, impose l’apertura delle attuali finestre sul lato sud (a scapito degli affreschi) e fece aprire una sagrestia all’interno della cripta, con la conseguente scomparsa del secondo altare in essa presente.
La cripta
La presenza della cripta in una chiesa di queste dimensioni non ha riscontri in Lombardia, e anche in Italia ve ne sono pochi esempi.
La cripta, seminterrata, è costruita lungo il pendio della collina e ha una forma irregolare, con la presenza di un pilastro centrale ellittico che suddivide lo spazio in due ambienti di diversa dimensione. Nel primo, di forma rettangolare con funzione di corridoio, si trovano le due scale di accesso, che ricordano i percorsi devozionali di discesa e risalita. Nel secondo ambiente erano presenti due altari, dei quali sopravvive solo quello dedicato alla Vergine Maria: con la ristrutturazione voluta da Carlo Borromeo viene aggiunto un nuovo locale con funzione di sacrestia, e l’accesso a questo ambiente ha provocato la distruzione del secondo altare.
La parete di fondo dell’altare, tuttora esistente, era interamente occupata dall’affresco dell’Annunciazione, di cui sopravvive solo la figura della Vergine che sostiene un libro con la mano sinistra contro il grembo, mentre con la destra sollevata sembra accennare un saluto, forse all’angelo di cui rimane solo parte della mano sinistra. Accanto al volto della Madonna si scorge lo stilizzato contorno della colomba dello Spirito Santo. Questa effigie era molto venerata dalle donne in attesa di partorire: ad essa venivano appesi voti e dedicate offerte.
Scopri la cripta
IL FONTE BATTESIMALE
Altra caratteristica particolare della chiesa di San Salvatore è la presenza del fonte battesimale, nonostante essa non sia chiesa plebana. Questo fa pensare che l’edificio sia passato dal vescovo di Como a una potente famiglia milanese, probabilmente quella dei Capitani di Porta Orientale della Sala (che diede alla Diocesi di Milano un santo arcivescovo Galdino), proprietaria di numerosi possedimenti nel territorio di Barzanò.
Il fonte di San Salvatore, composto da otto lastre di marmo rosso di Verona, è posato sul piano del pavimento, diversamente da quanto avveniva in epoca paleocristiana, quando era infossato.
Il neofito che doveva ricevere il Battesimo vi accedeva mediante un gradino, mentre al suo interno due scalini gli consentivano di inginocchiarsi per ricevere il Battesimo mediante l’immersione.
Intorno alla vasca c’è un bordo ottagonale di granito con otto impronte, nelle quali dovevano essere inserite le colonnine che salivano a reggere una cornice di coronamento o un baldacchino. La presenza di alcune colonnine agli inizi del secolo scorso è ricordata da don Beretta, originario di Barzanò e riconosciuto come uno dei maggiori storici della Brianza.
LA CUPOLA
Ciò che colpisce è la cupola affrescata raffigurante il Cristo Pantocratore circondato dagli apostoli, innalzata su quattro pilastri in corrispondenza della primitiva aula quadrangolare.
Cristo ha il capo rivolto all’altare ed è avvolto in un ampio mantello rosso che copre una vesta bianca, scandita da pieghe verticali verdi. Con la mano sinistra regge il libro della Parola, mentre la destra è aperta e sollevata in direzione degli apostoli, chiamati a trasmettere la verità divina all’umanità. Il volto di Cristo comunica una certa severità dovuta agli ampi occhi marroni spalancati che conferiscono al viso grande espressività. La barba è lunga e appuntita, con riccioli scostati, il mento è glabro con la fossetta al centro. La capigliatura è castana e ricade sulle spalle, ed è circondata da un nimbo crociato di colore scuro.
Gli apostoli sono disposti sulla superficie della cupola attorno al Cristo. I Dodici sono raffigurati frontalmente in posizione sacerdotale, solo alcuni sono dipinti con il viso leggermente di tre quarti, per poter essere meglio inseriti negli spazi. I corpi degli apostoli sono esili e slanciati, avvolti in ampi mantelli a falce. Gli occhi marroni sono spalancati ed espressivi, le palpebre e le arcate sopraccigliari sono rimarcate da profonde pennellate, accompagnate da tocchi di colore bianco che mettono in evidenza e conferiscono luce allo sguardo. L’identificazione degli apostoli risulta problematica; sono riconoscibili solo Filippo e Taddeo, grazie alle scritte leggibili in calce bianca e datate fine XI secolo, mentre Pietro può essere identificato con il personaggio che indossa il pallio crociato dei vescovi.
Non appena il fedele varca la soglia d’ingresso vede, sul tamburo della cupola, l’icona che rappresenta Maria, Madre di Dio, che tiene stretto al suo grembo il Bambino Gesù. La Vergine, dipinta frontalmente, indossa un’ampia tunica di colore rosso, e ha il capo avvolto da un manto che le scende sulla spalla sinistra. Il Bambino, che Maria tiene in braccio per sottolineare la sua maternità, indossa una veste di color verde. Il suo volto, dipinto di tre quarti e circondato da un nimbo azzurro, lascia intravvedere una forte naturalezza.
È questa una delle prime icone bizantine dipinte nel territorio lombardo.
A chiudere il ciclo pittorico della cupola quattro aquile appaiono sui pennacchi, in luogo dei più tradizionali simboli dei quattro Evangelisti. Esse sono simili a quelle in stucco presenti nel ciborio della basilica di Sant’Ambrogio a Milano.
L’apparato iconografico
La chiesa era completamente affrescata, purtroppo a causa del degrado rimangono solo pochi frammenti posizionati nel presbiterio. Secondo Federica Fusi, che ha partecipato al restauro, le pitture murali a tema cristologico della chiesa di San Salvatore sono una delle più interessanti espressioni artistico-culturali di tutta la Lombardia.
Gli affreschi sulle pareti rappresentano episodi della vita di Cristo. Sul lato a destra dell’altare è raffigurata l’Annunciazione, con la Vergine seduta e raccolta in preghiera mentre riceve l’annuncio dell’arcangelo Gabriele. Questi è riconoscibile per le ali vaporose e la mano destra levata in segno di benedizione.
Il secondo episodio è la Presentazione al tempio di Gesù Bambino. La scena è ambientata nel Tempio, la figura della Madonna (ormai scomparsa) regge Gesù con le mani velate da una stoffa regale; di fronte a lei è l’anziano Simeone, del quale sono ancora visibili la veste regale rossa e il viso di tre quarti. Gesù Bambino è dipinto di tre quarti con le braccia protese verso Simeone.
Sulla parete di sinistra sono raffigurate scene della Passione di Gesù. Nella prima scena è raffigurato il Cristo che si incammina verso una città turrita, scandita da diverse arcate, mentre gli viene incontro un giovane con le braccia aperte e levate in segno di saluto e di accoglienza. Gli studiosi sono divisi sul significato della rappresentazione: per alcuni si tratta dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, per altri è rappresentato un miracolo.
Nel secondo riquadro, purtroppo troncato in basso dall’inserimento di un’apertura, è dipinta la Crocefissione, in cui è visibile la parte superiore della croce che sorregge il busto di Cristo con il capo reclinato leggermente verso destra, avvolto in un nimbo.
A questi due dipinti si sovrappone un frammento pittorico eseguito nei primi anni del Trecento.
Nel primo, in alto a destra, è raffigurato un frate francescano che si appresta a nutrire con un cucchiaio un uomo con la barba che indossa un curioso copricapo dal quale spuntano delle fiammelle; nel riquadro ad est della porta del presbiterio, ascrivibile al XV secolo, è raffigurato di profilo un personaggio di nobili fattezze, con una acconciatura ordinata, che avanza porgendo un oggetto sollevato davanti a sé.
Sull’altare è presente una pala del Settecento rappresentante la Natività di Gesù, estranea alla struttura romanica dell’intera chiesa. Secondo il Mantovani essa fu collocata nel 1755 da Giuseppe San Pellegrino, abate della collegiata di S. Maria Podone di Milano, da cui dipendeva la canonica di San Salvatore, in base alle disposizioni di Federico Borromeo.