Pieve di San Pietro

Tavernola Bergamasca (BG)

INTRO

La pieve di San Pietro risale al XIII secolo, come testimonia un documento del 1360 conservato nell’archivio diocesano sant’Alessandro in Bergamo, in cui viene citata come parrocchia di Tavernola, Vigolo e Parzanica.

italia romanica

Descrizione generale

La pieve di San Pietro risale al XIII secolo, come testimonia un documento del 1360 conservato nell’archivio diocesano sant’Alessandro in Bergamo, in cui viene citata come parrocchia di Tavernola, Vigolo e Parzanica.

L’edificio presenta oggi caratteri architettonici e stilistici appartenenti a epoche differenti. Le murature più antiche, databili al XIII secolo, sono visibili in corrispondenza del campanile e in parte della facciata. Il campanile, di base quadrata, si presenta decorato con specchiature ad archetti pensili su ogni lato solcate da feritoie, la torre campanaria culmina con una cella caratterizzata da bifore e cuspide conica.

Nel XV secolo la chiesa è interessata da nuovi interventi e viene costruita all’interno una loggia in controfacciata a cui si accede da una scala esterna – è plausibile che si tratti di un’area privilegiata fatta erigere da una famiglia altolocata del luogo.

La struttura quattrocentesca della chiesa è quella della Pieve rustica, caratterizzata da navata unica, tetto a capanna con coperture lignee, archi mediani di sostegno acuti e loggia addossata alla controfacciata. Nel XVI secolo viene realizzata la sagrestia accanto al presbiterio quattrocentesco. Infine, la chiesa assume la disposizione architettonica definitiva attuale con un intervento della fine del secolo XVII che aggiunge le due cappelle laterali, caratterizzate all’interno da stucchi barocchi.

All’interno della pieve, lungo la parete nord (quella di ingresso) sono visibili due lacerti di affreschi raffiguranti la Vergine con il Bambino di difficile datazione; lungo la parete sud, al di sotto della loggia, sono visibili dei piedi appartenenti presumibilmente a figure di Santi; la parete sud del presbiterio presenta due affreschi votivi datati 1497 e 1504 (di autore ignoto) raffiguranti rispettivamente una Vergine in trono con Bambino, con cardellino e corallo, e una Pietà con simboli della Passione e Sant’Antonio Abate. Sulla parete di fondo dell’abside rettangolare è presente un meraviglioso affresco in parte deturpato da interventi successivi e recentemente restituito alla luce: della Crocifissione affrescata sono visibili le gambe del Cristo e la Maria Maddalena ai piedi della croce; ai lati San Paolo con la spada e San Pietro in abiti pontificali. Lungo la parete nord del presbiterio è visibile il mirabile affresco del Romanino, databile tra il 1512 e il 1515, Madonna col Bambino in trono, santi e donatori.  Affresco votivo in cui la Vergine e il Bambino, con San Giorgio e un altro Santo martire (entrambi cavalieri), accolgono le richieste di intercessione dei Santi Pietro e Paolo per i devoti sotto raffigurati (e committenti dell’opera).

L’affresco è impostato secondo una rigorosa simmetria. Al centro il trono della Madonna elevato su quattro gradoni, inserito in un ambiente scandito da pilastri marmorei architravati, a dimostrare come il giovane Romanino avesse già pienamente assorbito la lezione spaziale della rinnovata architettura lombarda. La luce entra da sinistra, alla maniera del Foppa, e dà risalto plastico, attraverso le ombre portate, alle figure. Ma non si tratta solo di luce: tutta la composizione è lievemente orientata verso sinistra (come spesso in Romanino), verso un punto focale che qui coincide con san Pietro.

Ai lati della Vergine stanno due santi, in genere identificati con Giorgio e Maurizio – identificazioni entrambe dubbie per la parziale incongruenza rispetto agli schemi iconografici tradizionali. Del tutto anomalo questo san Giorgio dal viso scarno, anziano e barbuto, con un turbante sul capo. Quanto agli attributi del drago e dell’armatura, pure presenti, sono comuni a molti altri santi (ad esempio san Defendente). Ancor più generici gli attributi del probabile san Maurizio (palma del martirio e spada), spesso – è vero – in coppia con san Giorgio, ma in genere con un abbigliamento militare e accompagnato da un vessillo con la croce. Alle estremità laterali dell’affresco stanno i due santi fondanti del cattolicesimo: Pietro e Paolo, entrambi dai profili un po’ arcigni, tipici del Romanino, che conosceva anche l’arte tedesca. I Santi presentano alla Madonna un gruppo di devoti, inginocchiati ai suoi piedi, anzi due gruppi: tre per lato, cinque donne e un uomo. Le donne, dai volumi compatti, sono viste di fianco, l’uomo quasi di schiena. Figure opulente, dai petti robusti e dai colli gonfi; le donne hanno profili intensi, le braccia abbandonate o giunte nella preghiera, un’espressione rattristata, accorata. Del devoto si intravede appena il profilo, anche lui dalle forme abbondanti, in mano un cappello a falde.

Ne viene un’atmosfera di silenzio, di tensione, acuita da quell’incrocio di sguardi, severi o mesti, che quasi non si incontrano (e che escludono completamente quello dello spettatore): quelli dei devoti sono rivolti alla Vergine e al Bambino, che guardano invece san Pietro, così come san Giorgio, mentre san Maurizio ha gli occhi abbassati.

Anche i colori distinguono nettamente le due parti (e le due sfere, celeste e terrena) della rappresentazione: in quella superiore è la vivace cromia veneta ad infiammare le vesti della Vergine e dei Santi, una cromia che si incupisce nel viola-bruno degli abiti delle devote, forse vestite a lutto, e che quasi scompare del tutto nell’uomo di spalle, chiaro, quasi trasparente.

 

La straordinaria capacità di Romanino di guardare dentro il cuore degli uomini per coglierne la realtà, la si ritrova anche nelle Tre teste, abbozzate sulla parete della controfacciata. È probabile che i tre volti (un monaco, una donna ed un uomo) siano il frammento di una scena più ampia, forse la crocifissione, lasciata incompiuta dall’artista.

 

La Pieve è utilizzata tutt’oggi per funzioni religiose, in particolare nel periodo delle celebrazioni in suffragio dei  defunti la Domenica delle Palme e poi settimanalmente nel periodo estivo per la celebrazione  della Messa in orario serale. Inoltre, è possibile visitare la Pieve tutte le domeniche (dalle 9.30 alle 12, dalle 14.30 alle 17.30) da maggio a settembre)

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