Basilica di San Vincenzo in Galliano

Cantù (MB)

INTRO

Un primitivo luogo di culto presente in Galliano si può far risalire all’epoca celtica, ma le prime testimonianze certe si hanno dall’epoca romana, documentate dal rinvenimento di alcune lapidi dedicate a divinità pagane, tra cui quella più significativa consacrata alle “Matronis Braecorium Gallianatum”, da cui deriva il nome del colle di Galliano.

Storia

Un primitivo luogo di culto presente in Galliano si può far risalire all’epoca celtica, ma le prime testimonianze certe si hanno dall’epoca romana, documentate dal rinvenimento di alcune lapidi dedicate a divinità pagane,
tra cui quella più significativa consacrata alle “Matronis Braecorium Gallianatum”, da cui deriva il nome del colle di Galliano.

La diffusione del cristianesimo nel territorio canturino risale al V secolo, come conseguenza diretta dell’opera di evangelizzazione avviata dal vescovo Ambrogio e dai suoi successori. A questo periodo risale una prima chiesa paleocristiana, caratterizzata da un’unica navata con area presbiteriale leggermente sopraelevata e pavimentata con lastrine in pietra bianche e nere (decorazione ad opus sectile), parzialmente recuperate e attualmente conservate nel presbiterio.

Il diffondersi capillare del cristianesimo fece aumentare l’importanza religiosa del nucleo di Galliano che divenne capo-pieve: tra il VII e l’VIII secolo la chiesa venne quindi ampliata da due navate laterali per rispondere alle esigenze di una comunità più numerosa.

L’inizio del XI secolo costituì per Galliano il momento più significativo: Ariberto da Intimiano, futuro vescovo di Milano, venne nominato custode della chiesa e si fece promotore dell’opera di rinnovamento e decorazione dell’edificio. A seguito del rinvenimento delle spoglie di alcune importanti figure del clero locale – Adeodato, Ecclesio, Savino e Manifredo – Ariberto fece in primo luogo ampliare il presbiterio ricavandone la cripta, dove vennero poi traslate le reliquie ritenute sante.

A questa fase si deve anche la decorazione ad affresco dell’abside e delle pareti della navata principale. A opera completata, il 2 luglio 1007, Ariberto consacrò la basilica e la dedicò a San Vincenzo di Saragozza, come ancora attesta l’epigrafe conservata nella navata sinistra.

Si ipotizza che, allo stesso periodo, o ai decenni successivi, è databile il Battistero di San Giovanni Battista.
Con il XII secolo il borgo di Cantù, situato in una posizione strategica tra Milano e Como, conobbe un periodo di forte sviluppo a discapito del nucleo di Galliano che, più periferico, venne progressivamente abbandonato.

Nel 1582, per intervento di San Carlo Borromeo, la chiesa di San Paolo, situata al centro del borgo di Cantù, venne nominata capo-pieve. La Basilica di San Vincenzo in Galliano, già in condizioni di degrado, venne successivamente requisita dal governo rivoluzionario, venduta all’asta nel 1798 e sconsacrata nel 1801. La chiesa venne ridotta a casa colonica e alcune sue parti, come la navata destra e la torre campanaria, vennero
demolite. Il Battistero di San Giovanni Battista rimase, invece, proprietà religiosa: questo evitò che subisse pesanti interventi strutturali.

Agli inizi del 1900 la basilica venne inserita all’interno dell’elenco dei Monumenti Nazionali, nel 1909 venne acquistata dal Comune di Cantù e si diede avvio ad una prima fase di restauri per il recupero della struttura originaria che terminarono nel 1934 con la riconsacrazione da parte del cardinale Schuster. Negli anni tra il 1950 e il 1960 vennero avviate campagne di restauro e conservazione degli affreschi. Nel 1986, dopo una serie di nuovi interventi, la Basilica di San Vincenzo in Galliano venne riaperta al culto.

Architettura

La Basilica di San Vincenzo in Galliano presenta il caratteristico impianto basilicale a tre navate con la navata centrale più ampia rispetto alle laterali, di cui una andata persa. La struttura muraria, in tipico stile romanico, è costituita da ciottoli fluviali e pietre grezze a vista. La facciata, molto sobria, presenta sulla sua sommità un’apertura a forma di croce, un piccolo oculo sottostante e una monofora posta in basso a sinistra.

Anche le pareti laterali sono molto sobrie: solo la parete esterna dell’abside è decorata da archetti ciechi e lesene e quella esterna sinistra è caratterizzata da un motivo a losanghe.
La basilica aribertiana era dotata di un quadriportico, oggi non più visibile, ma ricostruito perimetralmente nell’area esterna della chiesa, come anche il perimetro della navata meridionale.
Internamente la basilica è illuminata da piccole finestre monofore presenti per lo più nella parte superiore della navata centrale e nella parete dell’abside. Lo spazio interno è diviso in navate da solidi pilastri in serizzo che sorreggono arcate a tutto sesto diseguali tra loro. Le arcate presentano un’altezza piuttosto limitata e,
di conseguenza, la superficie della parete muraria sovrastante è notevolmente ampia.

La prevalenza delle masse murarie sugli spazi vuoti è una caratteristica tipica dell’architettura romanica che permette la realizzazione di importanti cicli di affreschi.
Dal punto di vista architettonico, l’elemento peculiare della Basilica di Galliano è costituito dal presbiterio notevolmente rialzato rispetto al piano della chiesa, a causa della presenza della cripta sottostante.
Al presbiterio si accede tramite una larga scalinata centrale, ai lati della quale sono posti gli ingressi della cripta: sopra l’ingresso sinistro vi era l’ambone di cui oggi rimane un prezioso elemento scultoreo raffigurante un’aquila.

italia romanica

Affreschi

Il ciclo di affreschi della Basilica di San Vincenzo in Galliano è una tra le più antiche testimonianze della pittura romanica in Lombardia. Essi sono opera di maestranze a noi ignote che, incaricate da Ariberto di affrescare la basilica, unirono nella loro opera la cultura orientale bizantina e lo stile occidentale tardo antico.

Le vicende storiche legate alla sconsacrazione e alienazione della chiesa hanno provocato gravi danni agli affreschi, procurando numerose lacune. Fortunatamente, nel 1831, il parroco di Cantù Carlo Annoni, fece eseguire alcune tavole con i rilievi delle strutture e decorazioni dell’epoca, le quali costituiscono oggi un’importantissima testimonianza per ricostruire l’iconografia delle scene affrescate.

Al centro del catino absidale si staglia, in mandorla, la figura del Cristo in vesti imperiali che, raffigurato in piedi, regge con la mano sinistra un libro in cui si leggevano le parole pastor ovium bonus e con la mano destra traccia un segno trionfale. Ai suoi piedi si prostrano i due profeti Geremia e Ezechiele e, alle loro spalle,
sono raffigurati gli arcangeli Michele e (probabilmente) Gabriele recanti in mano rispettivamente le scritte peticio e postulatio, termini di implorazione. Dietro a loro compaiono schiere di santi.
La parte inferiore dell’abside è dedicata alla narrazione del martirio di San Vincenzo di Saragozza, vissuto all’epoca di Diocleziano e martirizzato intorno ai primi anni del 300. A destra delle scene del martirio appare la figura di Ariberto da Intimiano, affiancato da Sant’Adeodato, nell’atto di donare la basilica al Cristo.

Di grande pregio sono gli elementi decorativi: cornici e fregi ornamentali scorrono e delimitano l’abside arricchendola con motivi provenienti dal mondo della natura, quali animali marini, uccelli e cornucopie con foglie e frutti.
Gli affreschi della navata sviluppano cicli pittorici agiografici e veterotestamentari e sono suddivisi in tre grandi registri, a loro volta composti da più quadri rappresentativi. Il primo registro della parete meridionale è dedicato ad alcuni episodi della vita di Sansone, mentre i due registri inferiori narrano il martirio di San Cristoforo, il quale è raffigurato grande e solenne al centro della parete con la mano destra aperta e la sinistra che regge una lunga asta.

Il registro superiore della parete settentrionale è dedicato alla narrazione delle vicende di Adamo ed Eva che, differentemente dalle altre, vanno lette da destra verso sinistra. I due registri inferiori narrano rispettivamente le storie dell’eroina biblica Giuditta di Betulia e della martire Santa Margherita di Antiochia.

Un altro importante affresco è quello posizionato a destra dell’altare e raffigurante la Madonna con il Bambino tra i Santi, risalente alla fine del XIII secolo. Dello stesso periodo sono databili anche gli affreschi di figure di santi presenti a destra e sinistra dell’ingresso della basilica.
Le pareti e le volte della cripta sono decorate da stelle rosse a otto punte, motivo che si presenta anche nel matroneo del Battistero di San Giovanni. Altri tre affreschi (fine XIII secolo) sono sui pilastri della cripta addossati alla parete e raffigurano rispettivamente un vescovo benedicente, un santo con un libro chiuso tra
le mani e una santa vestita di una tunica a strisce bianche e rosse.

Dipinto nella cripta sopra un’antica sorgente vi è l’affresco più caro alla tradizione popolare: La Madonna del Latte (XVI secolo), elemento che riuscì a preservare, almeno in parte, la Basilica di Galliano come luogo di culto nei secoli più bui, grazie alla
costante devozione delle donne in gravidanza nei confronti di questa immagine.

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