Dal punto di vista costruttivo, gli elementi architettonici più antichi presenti e documentabili sul territorio sono legati all’edilizia fortificata e alla dotazione muraria pubblica di Gandino, che avvenne proprio alla metà del XIV secolo. Le fonti documentarie attestano attraverso atti l’emancipazione del comune di Gandino proprio dal 1233 e questo forte passaggio politico, che rileva indipendenza e autonomia da parte di questo contesto comunale, trova piena conferma nelle architetture conservate sul territorio. Con il completamento dell’emancipazione nella seconda metà del XIII secolo, è evidente che la comunità di Gandino si rafforzò, grazie anche con le ricchezze che provenivano dai proventi di produzione, vendita e commercio dei pannilana, in cui la comunità gandinese ebbe un ruolo effettivo di spicco.
Se la classe mercantile di fatto si arricchì, questo portò anche alla definizione di una classe borghese che si impiantò sul territorio, con una nuova fase di vita per il paese, che a partire dal Trecento si sviluppò con nuovi edifici, specialmente torri e casetorri, che non solo difendono il borgo e lo proteggono, ma sono anche elementi di rappresentazione dello status symbol degli abitanti, che sono anche i committenti delle proprie abitazioni.
Il sorgere di case torri, dunque, sarebbe uno strumento per manifestare la posizione raggiunta a livello sociale agli occhi della comunità, proprio in seguito al veloce arricchimento dei singoli in occasione della istituzione del mercato di Vertova, facilmente raggiungibile e ottimo punto di commercio per i gandinesi.
Ma se delle architetture trecentesche, di fatto, non abbiamo testimonianze concrete, è proprio con il Trecento che riusciamo a definire meglio il paesaggio urbano del borgo: sebbene il paese non fu al centro di bellicose lotte di fazioni, tuttavia la comunità decise di preservare la propria integrità territoriale e scongiurare attacchi importanti e nel 1397 si diede inizio alla costruzione di una cinta muraria attorno a Gandino e Cirano, edificata grazie al contributo di tutti i cittadini, sia a livello economico che di manodopera.
Questa attività risulta molto importante, perché, come sempre per le mura cittadine, si tratta di un cantiere comunitario, che coinvolgeva tutta la popolazione a vario titolo, con competenze e specializzazioni differenti. I lavori terminarono ufficialmente nella prima metà del XV secolo, con un circuito di mura che doveva includere interamente il paese, dotato pure di un fossato, oggi non più leggibile, ma in alcuni punti riconoscibile per il dislivello altimetrico tra il centro del borgo e l’esterno.
Il permanere di tracce di architetture nel Quattrocento conferma che il borgo in questo periodo era ancora in auge e si ampliò nella sua area occupazionale: era ancora fiorente l’attività economica, soprattutto legata alla lavorazione della lana, grazie anche allo sfruttamento delle acque del vicino torrente. Tra le architetture conservate, tuttavia, non sono stati riconosciuti fabbricati con destinazione artigianale, anche perché spesso modificati nel corso dei secoli, specialmente all’interno.
Molte costruzioni antiche sono tutt’ora celate perché inglobate negli edifici ristrutturati nei secoli XV e XVI, periodo che coincide con il massimo splendore del borgo, di cui si conservano diversi palazzi che esulano dallo studio specifico di questa ricerca, proprio perché le murature non sono più leggibili per il mutare delle modalità costruttive. Dal punto di vista della tipologia più largamente attestata tra le architetture storiche, spicca la casa torre, a testimonianza dello sviluppo in verticale del costruito. Questo conferma, in un qualche modo, il concetto per cui le architetture medievali fossero elemento di rappresentazione del potere e che il costruire in altezza significasse emergere –anche fisicamente- sul costruito rurale limitrofo.
Le tecniche costruttive impiegate nelle architetture Trecentesche vedono l’impiego di materiale di estrazione locale: largo è l’impiego di bozzette spaccate in calcare grigio, ma soprattutto l’uso del conglomerato, spesso in uso nei cantonali, negli elementi architettonici e in pezzature di varie dimensioni nelle murature. Questo tipo di materiale era molto versatile, perché facilmente lavorabile e leggero, quindi utilizzabile anche ai piani più elevati del costruito.
La mancanza di tecnologie raffinate per la posa in opera della muratura e il materiale eterogeneo nei paramenti visibili consente di escludere il coinvolgimento di maestranze specializzate nelle fabbriche del borgo, anche per le opere comuni, quali le mura. Se le fonti riportano che furono appannaggio della comunità, questo si riscontra anche nella tecnica esecutiva, che testimonia una tecnologia semplificata, esito di conoscenze empiriche e di sperimentazioni per tentativi di posa, piuttosto che di formazione in bottega. Lo stesso recupero del materiale, più omogeneo per i paramenti delle mura, ma meno per case, torri e case-torri, sembra esito di approvvigionamento sporadico e non di estrazione sistematica in cava.
Dal punto di vista geomorfologico, i nuclei rurali della val Gandino sorsero prevalentemente in ambiti montani, ove le ampie aree a prato favorivano il pascolo per gli allevamenti di pecore, costituiva già in antico una delle risorse principali per le economie della valle. Le malghe e le baite isolate che sorgono sul territorio sono state nel corso del tempo utilizzate anche come strutture abitative temporanee e di appoggio: le tecniche costruttive di tipo molto semplificato e i continui ritocchi e rimaneggiamenti nel corso del tempo, con modalità del tutto similare e continuato con le tecniche antiche, non consentono di inquadrare cronologicamente questi edifici, che potrebbero risalire all’epoca bassomedievale, periodo a cui risale la fiorente produzione locale dei pannilana. Nel territorio montano sono presenti anche i roccoli, funzionali al passaggio degli uccelli, specialmente alle migrazioni: questi sorgono in luoghi isolati, poiché impiegati per la caccia all’uccellagione mediante reti. Anche per questi edifici la tecnica costruttiva è di difficile inquadramento tipologico.